lunedì 31 luglio 2006

il miracolo di Cana


Dicono che un tale di nome Gesù, da quelle parti, abbia partecipato ad un matrimonio e trasformato l'acqua in vino.
Dicono che l'acqua più pura che un uomo può produrre è quella delle sue lacrime.
Dicono che l'uomo più puro è un bambino.
Avete trasformato l'acqua più pura degli uomini più puri in sangue.

venerdì 28 luglio 2006

traduzioni 2

Oggi, sul suo blog, Patrizia Moretti, ha pubblicato la trascrizione integrale dell'incidente probatorio di Anne Marie: è in Word, e si può scaricare da qui.

Alcune delle deduzioni che ho fatto nel post precedente sarebbero da correggere, leggendo il testo integrale. Resta, di fondo, l'enorme difficoltà di chi deve trascrivere in parole su carta una scena con cinque attori, dinamica e concitata. Si nota spesso l'esigenza di fissare un istante, per capire se lei ha effettivamente visto questo o quel dettaglio (è esiziale). Magari perdendo di vista lo scorrere del tempo e la dinamica delle azioni...
(domanda, che nessuno pone: quanto tempo passa? quanto dura la scena a cui Anne Marie assiste?)

Non ho la possibilità, ora, di ricostruire per immagini ciò che AnneMarie ha visto, né ho un'immagine del luogo ripresa dal suo balcone (una soggettiva). Ma posso estrapolare qualche immagine dai miei filmati per aiutare, chi legge le 57 pagine di verbale, a concepire spazialmente il posto a cui ci riferiamo.


Questa immagine, da GoogleMaps, è la massima definizione possibile del quartiere: la freccia VERDE indica il punto dove sorge il palazzo dove Anne Marie abita, di fronte all'ellisse verde che è evidentemente l'Ippodromo.


Questa invece, presa da Paginegialle.it ed elaborata, è la mappa della zona (l'Ippodromo qui è rappresentato dall'area rosa): ho segnato in rosso il palazzo di AnneMarie, in blu l'adiacente palestra Metropolis (v.sotto) e in verde ho sottolineato Via Poletti (da dove partono le prime due telefonate al 112). Di fronte ai due palazzi la stradina grigia è quella che attraverso il cancello (v. sotto) entra dentro la famigerata "Zona del silenzio".


Questa inquadratura (del gennaio scorso; quello di spalle sono io, anche per avere un'idea delle proporzioni), dal centro dello slargo tra il palazzo e il cancello, mostra la parte del palazzo che affaccia sulla strada.
Dal verbale:
PUBBLICO MINISTERO - A che piano abita signora?
TSAGUEU ANNE MARIE - Piano rialzato, primo piano.
PUBBLICO MINISTERO - La sua casa da sulla strada di Via Ippodromo? Cioè dalle sue finestre si vede Via Ippodromo?
TSAGUEU ANNE MARIE - Dal balcone.
PUBBLICO MINISTERO - Dal balcone di quale stanza?
TSAGUEU ANNE MARIE - Della cucina e del soggiorno.



Questo è lo slargo col cancello dell'Ippodromo, da una ripresa effettuata il 25 settembre 2005. Il signore in bici nell'angolo sinistro è circa due metri più avanti di dove sono io nel fotogramma precedente.

Ancora il palazzo, visto più o meno da dove stanno le due auto nel fotogramma sopra.


Questa foto è stata scatta quella mattina dal fotografo del Resto del Carlino Sergio Pesci e mostra il punto dove è morto Federico (si noti la segatura, o forse sabbia, messa a coprire/assorbire il sangue).


Questa inquadratura, ripresa con la telecamera a circa un metro dal suolo e puntata verso l'alto, più o meno dal punto dove si trova il ciclista della foto precedente, mostra sulla sinistra la scritta della palestra "Metropolis" (l'edificio in blu segnato nella mappa di Paginegialle.it) e risulta in qualche modo una soggettiva di chi, inginocchiato da quelle parti, poteva vedere le luci accese alle finestre del palazzo...


Questa inquadratura, presa (da terra) dall'angolo del muro dove si vede il rampicante nella foto sopra, mostra meglio la palestra sulla sinistra e l'insieme dello slargo col palazzo. Da notare sempre le persone presenti nelle inquadrature, per poter fare delle proporzioni (sempre a occhio, ovviamente).

Tutto ciò non deve distrarre dal contenuto della testimonianza, e non ha alcuna pretesa di ricostruire alcunché, ma spero aiuti un pò ad immaginare con maggiore precisione i luoghi, le distanze, le prospettive della scena descritta da Anne Marie.



Questo, infine, è il risultato finale

mercoledì 26 luglio 2006

La mas digna


E' ufficiale, da pochi minuti: lo scudetto 2005/2006 è stato assegnato all'Inter!

Al termine di uno scandalo e di una vicenda giudiziaria discutibile (meno nei risultati che nel merito, comunque), la squadra più pulita, meno corrotta e corruttrice, la squadra che negli anni ha sofferto, giocato e vinto senza primeggiare, riceve un premio certo un pò imbarazzante (ma lo è molto di più per gli altri!)...

Mi sembra che il titolo del libro (nella foto) dell'ex-capo ufficio stampa dell'Inter sia, ora, ancora più giusto.
Commovente la lettera, che vi si trova, del subcomandante Marcos!

Poi l'anno prossimo bisogna dimostrarsi all'altezza, chiaramente: e quello sarà un altro paio di maniche...

condymenti


Roma, summit per la pace tra Israele e Libano. Ci sono tutti, pure "sputasulpettine" Wolfowitz. Manca Claudio Bisio che prenoti il ristorante giapponese aperto a pranzo...
No, dico: avete presente Condoleeza Rice? Sapete che il padre la voleva chiamare "Condolcezza" e l'impiegato dell'anagrafe sbagliò a scriverlo? Mi immagino la scena:


Impiegato: Allora, Mr. Rice, come la chiamiamo 'sta cioccolatina?
Mr. Rice: Con dolcezza!
Impiegato (sussurrando): Scusi... che nome le vuol dare, prego?
Mr. Rice: Condolcezza. Il nome è "Condolcezza".
Impiegato: Ah, ok. Mi fa lo spelling?
Mr. Rice: Siouendiouelsiisedsedei...

e quello toppa la seconda "c", oppure scrive male che pare una "e".

E pensare che si sarebbe potuta chiamare "Riso Con dolcezza"! Bleagh...
Ecco perché si dice "nome homen": di dolce, quella Mustang stempiata, ha ben poco.

Me la vedo, assillata da Baffetto, patito di videoclip rap su MTV:

Baffetto: Hey yo, sista! Dammi il cinque! Bootilicious: ci hai un culo da applausi (per Fibra)!
Condy: Hello, mister Dàlima.
Baffetto: Oh, quand'è che ci vediamo in privato, nel backstage diciamo...
Condy: I don't understand.
Baffetto: Ma sì, ti voglio vedere: shake that ass, ya' pump it!
Condy: Oh, mister Dàlima, siamo qui per salvare the Middle Orient!
Baffetto: Ma lascia perdere, è un mondo marcio...come on, motherfucka!


Due ore dopo, mentre Massimo chiacchiera amabilmente in conference call con Vittorio Emanuele e Della Valle sparlando del costume da bagno di Parisi, Condy riceve una telefonata da George Dàblia:

George: Allora, Condy, com'è andata? Te lo sei fatto?
Condy: Certo, ci è voluto poco: un sorriso ed era già accecato... sai, faceva quello sguardo che hai sempre tu, che sembra sempre che stai guardando dritto nel sole...
George: Quindi, è tutto a posto? Continuiamo come prima, con coso, lì... cosetto, come si chiamava?
Tony Blair (messo in standby da un'ora): Silvio. George, si chiama Silvio, ed è ancora in affari con noi, remember?
George: Oh, Tony, questa è una conversazione privata! (E chiude con Blair). Dunque, Condy, gliel'hai data o no?
Condy: No, George, in cambio del suo silenzio sulle nostre prossime porcate in Medioriente, si è accontentato di un pompino.
George: E com'è stato?
Condy: Oh, a me non è neanche dispiaciuto...
George: E a lui?
Condy: No, tutto bene... solo, dice, la prossima volta è meglio che non uso i denti.

martedì 25 luglio 2006

Due o tre cose che ho visto in Piazza Alimonda (anche se non c'ero)

Ho guardato e riguardato attentamente il video “Quale verità per Piazza Alimonda?” (in DVD distribuito con alcuni quotidiani, in vari formati scaricabile da qui).
Propongo una modesta guida alla visione.
E’ un esercizio lungo, faticoso, che non tutti avranno voglia di fare. Ma chi vuol provare ad osservare come comune cittadino, testimone, giudice popolare, potrà farsi un’idea più precisa, o farsi venire qualche dubbio in più ma circostanziato.

N.B. Non avendo strumenti più sofisticati che il lettore DVD domestico, l’indicazione di minutaggio non sarà sempre precisissima.

1’45”: Immagini del Forte San Giuliano, dei black block a stretto contatto con le forze dell’ordine, notazione sulla “giornata particolare” passata dai vertici di Alleanza Nazionale nella caserma da cui si coordinava tutto il sistema di sicurezza.
Le considerazioni di Giuliano Giuliani, che siano condivisibili o meno, toccano un elemento che sta “a monte” di tutto quanto accaduto durante il G8: la gestione della sicurezza, l’incapacità di fatto di fermare un solo black-block, la morte di Carlo Giuliani, il blitz alla Diaz e le torture di Bolzaneto, hanno delle responsabilità che vanno rintracciate in qualche punto della scala gerarchica che va dalla semplice recluta agli ufficiali in comando, alla gestione governativa delle forze di PS, su su fino a chi ha pensato a Genova dicendo “funzionerà!” (ma ce l’avete presente la morfologia di quella città?)…

3’30”: Iniziano le cariche al fianco del corteo su Via Tolemaide, almeno 400 metri prima della “zona rossa”; cariche ripetute più volte e senza giustificazione, che passano da Via Caffa.
A Giuliano Giuliani, ma anche alla Costituzione Italiana (che tutela il diritto di manifestare le proprie opinioni), quelle cariche andrebbero giustificate meglio: lì, in quel punto, in quella fase, il corteo è pacifico e ha pieno diritto di avanzare; non esiste che si giustifichi una carica in un punto, in un certo momento, per “compensare” le devastazioni che avvengono in altri punti, in altri momenti…

5’10”: La piazza viene “bonificata”; un’ambulanza è già sul punto dove morirà Carlo mezz’ora dopo. Dal filmato della microcamera impiantata nel casco di un agente (una delle parti più claustrofobiche del video, lasciata giustamente senza audio: la miglior scelta registica del filmato), si evince che un manifestante viene pestato e trascinato fino all’ambulanza.
“Come un trofeo” è un commento superfluo: qualcuno gli porge anche dell’acqua, però insomma quel che non si capisce è perché trascinino sull’asfalto il corpo esanime e non facciano avvicinare il mezzo.

7’37”: Arriva, in piazza, la Jeep del comandante (Truglio).
Contate quanti sono i carabinieri che scendono dal mezzo… sono quattro!


8’44”: la battuta sugli annichilitori di Nassiriya è un’altra uscita di G.Giuliani che si poteva tralasciare: piuttosto ricorderei come molti “dirigenti” delle operazioni di piazza sono gli stessi coinvolti nello scandalo (metà anni ’90) degli stupri e delle torture alla popolazione civile in Somalia, nella vicenda del “check-point Pasta”, eccetera.

9’39”: La Jeep di Truglio si allontana; ambulanza e cassonetto sono nella stessa posizione da almeno venti minuti.
Quanti sono, sulla Jeep che si allontana? L’altra resta all’inizio di Via Ilice.

10’20”: Al balcone un anziana seduta e vicino al cassonetto un vecchietto in calzoni corti non appaiono particolarmente minacciosi.
Al di là dell’apparente ironia, questa immagine la dice lunga sul clima che precede le cariche, tra Via Tolemaide e piazza Alimonia: gente tranquilla che passeggia per strada, che guarda dal balcone…

10’55” e seguito: I Carabinieri e le due Jeep aggirano l’aiuola centrale…
Perché? Perché semplicemente non vanno diretti?
In meno di un minuto attaccano il corteo e corrono all’indietro. Il vicequestore Lauro raccoglie un sasso e lo lancia verso via Tolemaide, sui manifestanti. Si vede anche Carlo.
Quando i CC arretrano si vedono 2 estintori, uno in mano a un Carabiniere, un altro per terra: vengono dalle Jeep? E’ mai stato appurato se sul Defender di Placanica ci fosse un estintore? Chi lo lancia o usa impropriamente per primo?
Numerosi agenti su Via Caffa, meno numerosi dei manifestanti che avanzano, ma non così meno da giustificare una “ritirata”, sono di fatto frapposti tra questi e la Jeep, che dunque non è isolata.

17’20”: ”se non addirittura lui stesso”
L’amarezza è del tutto comprensibile nel padre di questo ragazzo; comunque, quella frase è una considerazione, non un fatto.

17’55”: Il comandante chiama rinforzi, un manifestante lancia l’estintore verso la macchina.
La pistola è visibilmente già puntata (in orizzontale); l’estintore rimbalza contro il finestrino dell’auto, o viene respinto dalla suola degli anfibi del carabiniere?

18’10”: L’asse non entra nel vetro
Sì, ma primo: il vetro non c’è (aperto? Rotto in precedenza?); secondo: la foto congela un istante – dalla posizione del corpo, l’asse potrebbe (condizionale) anche entrare nel finestrino un attimo dopo…

19’10” e seguito:
La pistola è puntata in orizzontale, dritto in faccia al manifestante.
Foto D’Auria: - un fotografo di colore con pantaloni militari controlla il suo apparecchio
- un manifestante sulla sinistra dello schermo lancia qualcosa davanti alla Jeep… poco più in là, Truglio è sulle strisce pedonali, e altri agenti si muovono lungo la via, piuttosto libera…

…Ora, chi ha avuto la pazienza di arrivare fin qui, si domanderà: e allora? Niente di nuovo. Può essere…ma l’osservazione seguente, se posso permettermi, non trova riscontri nelle varie fonti che ho consultato:

20’14” e seguito: Siamo al momento dello sparo
Una sequenza che va vista e rivista molte volte, al rallentatore e con frequenti fermo-immagine, distinguendo di volta in volta dettagli, zone dello schermo, azioni…
Guardate sulla sinistra del retro della Jeep, sotto la targa: una nuvola nero-grigiastra si espande qualche istante prima dello sparo, prima del sasso che colpisce il tettuccio della Jeep (o che devia il proiettile, secondo i giudici). Non può essere il fumo uscito dalla canna della pistola, anche perché sarebbe troppo veloce, pesante, e poi perché al secondo sparo non c’è. No, quello è fumo di scappamento! Il Defender era a motore acceso quando parte lo sparo!
Guardate ancora: la mano sinistra dell’autista si muove sul volante, come per iniziare una manovra, (ancora) possibile prima dello sparo!
Guardate ancora: sulla destra della Jeep sembra di intravedere la luce di retromarcia accesa!
Guardate un’altra volta: Carlo cade avvolto nel fumo di scarico della Jeep!


Quando Carlo cade, notiamo:
- il fotografo di colore notato prima scatta immediatamente delle foto (chiamiamolo fotografo 1); un altro, con t-shirt nera e bermuda verdi si avvicina scattando (chiamiamolo 2).
- due manifestanti (t-shirt rossa e coda di cavallo) scappano.
- un manifestante (braccio imbottito) fa segno ad altri di arretrare, di scappare via.
E’ ovvio che ognuno reagisce secondo un istinto. E la solidarietà non è tra i più forti e diffusi…

21’45”: La telecamera si abbassa e si rialza: in 6 secondi, la Jeep è sparita.
In realtà, dallo sparo passano quasi 10 secondi, ma sono comunque pochissimi.

Rivediamo il filmato, con qualche altra annotazione:
- l’estintore, a ben guardare, sembra rimbalzare sulla ruota di scorta; ma la mano che impugna la pistola si ritrae (verso l’interno e verso l’alto) solo un attimo e torna subito ad altezza uomo, come era già nei fotogrammi precedenti!
- dall’altro lato della Jeep spunta un terzo fotografo, con una bandana sulla bocca, il gilet blu, t-shirt bianca e pantaloni “alla pescatora” (chiamiamolo fotografo 3): anche lui sta scattando raffiche di foto.
- tralasciando per un attimo la fondamentale differenza di velocità tra luce e suono, se poniamo come zero l’istante in cui si sente lo sparo (e visivamente il sasso va in frantumi), circa quattro secondi e mezzo dopo, mentre Carlo sta ancora rotolando per terra, la ruota anteriore sinistra della Jeep si muove: si notano i fori del coprimozzo, che iniziano a girare in senso orario (retromarcia)!
- l’auto passa sopra Carlo: l’immagine, prima di uscire bruscamente di campo, ci mostra la gamba e il piede destro di Carlo muoversi verso l’alto per reazione alla ruota che lo schiaccia all’addome. E’ una reazione meccanica, riflessa dai muscoli, o c’è una volontà inconscia di difesa, c’è ancora la vita dietro quel movimento?
- appena la camera torna a inquadrare, i fotografi 1 e 3 sono sopra Carlo.
- il fotografo 3 poi si avvicina alla camera: a 20’50” c’è un fotogramma in cui è ben riconoscibile, con le Birkenstock ai piedi, stempiato, i capelli corti, il collo muscoloso, la t-shirt nera con un disegno simile a un “atomo” giallo e rosso.
- arriva un altro fotografo (4) con un vistoso teleobbiettivo, la camicia bianca e rossa, il casco in testa.

23’06”: Seconda telecamera
All’inizio si vede l’altra Jeep uscire di campo a sinistra, mentre un finestrino va in frantumi per il colpo inferto da un dimostrante con quello che somiglia a una sbarra di ferro.

23’10”: L’estintore lanciato la prima volta contro la Jeep
può sembrare anche fermato dalla suola della scarpa dell’agente, ma non è così:
23’44”: qui si vede bene il piede che rimane appoggiato sulla ruota di scorta. Non viene ritratto: quel carabiniere non ha paura di un estintore vuoto, e sa che potrebbe benissimo fermarlo con un piede, se gli arrivasse addosso!

Di nuovo indietro:
23’12”: All’angolo posteriore sinistro si vede benissimo il tubo di scappamento che esce dal lato della vettura
e inizia ad emettere il fumo nero!

25’16”: Il PM fa tre ipotesi; la terza è che Placanica abbia sparato per colpire
Giuliano Giuliani dice che è “l’unica vera” e lui può dirlo. Fa anche una considerazione sui proiettili dum-dum in dotazione quei giorni alle forze del cosiddetto ”ordine”, sulla quale non ho prove per smentire o confermare.

26’30” e seguito: Raffone è sdraiato; dichiara in aula che “Placanica ci copriva”
C’è un quarto uomo sulla Jeep, come si è visto a 7’37”? Potrebbe essere lui a sparare?
Placanica ha entrambe le mani sulla testa, sulle orecchie
Lo sparatore potrebbe anche aver sparato “alla cieca”, se coperto?

27’23” e seguito: I Carabinieri avanzano verso il corpo di Carlo
L’unico vicino al corpo ormai è solo il fotografo 3.
27’31”: è ancora lui.
27’49”: qui vediamo il fotografo 2 sopra il corpo di Carlo
28’05”: appare un altro fotografo (5) con pantaloni e t-shirt neri
28’26”: un altro fotografo di colore (6) con casco, camicia bianca, badge giallo da giornalista

28’36": un agente sferra un calcio al cadavere di Carlo.
Ancora: il fotogramma fisso non dice nulla sugli istanti prima e dopo, come per quello dell’asse sferrato in direzione del finestrino: potrebbe essere involontario, potrebbe inciampare; oppure potrebbe sollevare il piede (chi ha detto che lui stia avanzando?) per non urtare il corpo…anche se l’impressione principale è che stia come “caricando” la gamba (cfr. un calciatore che sta per punire una punizione rasoterra)!

30’40”: Un fotografo viene picchiato e schiacciato sul corpo di Carlo
Dovrebbe essere Eligio Paoni, fotoreporter di guerra: è lui? Dalle immagini, dove appare soverchiato dalle tute nere, pardon dalle uniformi scure, di CC e PS, sembrerebbe il nostro numero 5…

Infine, sulla “performance” di Lauro in favore delle telecamere, e il supposto vilipendio di cadavere per cui con una pietra un agente avrebbe infierito sulla fronte di Carlo:
- sulla prima, è palesemente ridicola la corsetta appresso ad un supposto assassino lasciato andare così;
- prego di notare che, oltre alla troupe di "Terra!" di Tony Capuozzo arriva anche "il vicedirettore di Libero": ovvero la fonte "Betulla" del SISMI...c'è anche una betulla, a Piazza Alimonda!
- sulla seconda, non so che dire: non oso pensarlo. Resta il mistero di quella pietra che “cammina” da un lato all’altro del cadavere, tra una foto e un’altra…

E resta, amara e indelebile, resta amara e indelebile, resta amara e indelebile
la traccia aperta di una ferita…



Per chi ha avuto la forza di arrivare fin qui, di leggere magari rivedendo il DVD, un paio di osservazioni finali (ma non conclusive).
Innanzitutto è chiaro che avendo occhi per vedere, e rivedere, da queste immagini qualche stimolo sulla riapertura delle indagini, se fossi il giudice, me lo farei venire; dunque lo scopo di questo prodotto audiovisivo, per il sottoscritto, è riuscito. Pur nei limiti di uno strumento mediatico, culturale, e non giudiziario.
Non condivido, d’altronde, molte delle affermazioni fatte nel filmato (Giuliano Giuliani se ne assume la responsabilità con coraggio e senso civico), perché mi mancano elementi per poter giudicare meglio.
Dunque, di tutti quei fotografi, e ne abbiamo contati almeno sei (6!) apparentemente professionisti, vorrei vedere qualche altro scatto, per esempio. A Eligio Paoni hanno distrutto macchine, strappato rullini, rotto una mano e, se è lui, fatta molta paura schiacciandolo sul cadavere caldo di un ragazzino appena ammazzato con una pallottola in uno zigomo.
Gli altri? Chi sono, come si chiamano, dove hanno messo le loro foto? E non ci sono altri video?
E i testimoni, chi era in piazza, perché non si presenta a testimoniare? Perché nessuno porta una testimonianza nuova che, anche da sola, qualora fosse interessante, porterebbe alla riapertura del caso? Hanno ancora paura? Sono stranieri? Sono ricattati? Sono imputati al processo per devastazione e saccheggio? Chi sono? Sono tutti no-global? C’è qualcuno che dopo cinque anni, si sta ancora facendo mangiare dentro dai rimorsi? …Non vorrei che queste persone permettessero che si pensi di loro che sono vigliacchi. Forza, fatevi avanti! Che aspettate? Se avete visto qualcos'altro, venitemelo a raccontare.

Mister(i) X



Sparata in homepage di Repubblica.it, con tanto di link alla sezione "Scienza e Tecnologia", una "notizia" del genere "Misteri":
i "cerchi di luce", che dalla foto appaiono essere evidentemente delle "X" cerchiate, sarebbero al centro di un mistero ufologico-paranormale. A parte essere banali riflessi di finestre con doppi vetri, c'è qualcosa che non mi quadra...
a me puzza di marchetta. O come si dice oggi nel linguaggio dei creatini (con la "n"): "pubblicità virale".
E visto che da anni sospetto un inciucio tra gruppo Repubblica/L'Espresso e Microsoft, mi sorge spontaneo un paragone con un'immagine ben nota:



...fate un pò voi...

traduzioni


E' stata resa pubblica la trascrizione della testimonianza, resa in incindente probatorio, da Anne Marie, la signora camerunense che ha visto Federico Aldrovandi morire in seguito ad un pestaggio della polizia. Lo riferisce con ampi stralci Il Resto del Carlino.

Ora, leggendo l'articolo, tratto da una trascrizione di una testimonianza orale, risulta evidente la difficoltà (più degli stenografi che della signora) a tradurre in parole i gesti e le azioni mostrate, le descrizioni visive, le fasi del pestaggio mimate.
Come già scritto, io c'ero quel giorno. E parlando con gli avvocati e i genitori di Federico, posso tradurre qualche passaggio meno esplicito del testo:

1) "I quattro erano 'fermi fissi' mentre lui si avvicinava: "Questi dicevano ‘apri il baule, aprilo’".:
E' evidente dal resto del racconto che qualcuno prende qualcosa dal baule; ora, se la prima coppia di poliziotti affronta già Federico con i manganelli, allora si tratta della seconda volante (seconda coppia) che si appresta ad armarsi di sfollagente...
notare quel "fermi fissi": reiterazione che intende sottolineare la risoluta immobilità, la postura già pronta all'attacco (o al contrattacco, ma Anne Marie non ha assistito a quel che avviene "prima" del cancello dell'Ippodromo) - l'attesa al varco di qualcuno che avanza.

2) "i poliziotti con i bastoni (...) arrivano qua, che fanno così per picchiarlo":
mi hanno raccontato che Anne Marie alzò vistosamente il braccio e l'abbassò ripetutamente come tenendo in mano un oggetto*, nel chiaro gesto di chi picchia dall'alto verso il basso...

*gli sfollagente che lei traduce semplicemente come "bastoni", termine che -se si trattasse dei tonfa (visti anche a Genova/G8)- sarebbe più appropriato, essendo il tonfa non una normale manganello (corto, "morbido" e vuoto internamente) ma un vero bastone a T, lungo e pieno (quindi più rigido). Personalmente non ho mai visto immagini né mai saputo con certezza di che tipo di sfollagente si parli, nel caso Aldrovandi.

3) "(Il quarto poliziotto) picchiava con i piedi, che lo vedevo fare così, pum. Pum immagino io, perchè lo vedevo proprio...". Sentiva il rumore che provocava il movimento dell’agente? "Non c’era mica del ferro, non ho visto. Ho visto il movimento, il rumore no. Ho detto che ero coperta dalle macchine. Il poliziotto era sul suo movimento libero ma che... se lo picchiava e la mia immaginazione, se qualcuno è per terra e tu fai così vuol dire picchia lui o picchia per terra".:
questo è un passaggio particolarmente poco comprensibile, trascritto così. Patrizia ci raccontò, traducendo anche la mimica, l'energia di Anne Marie nel descrivere in modo molto diretto l'episodio. Pur incalzata dalle domande dei difensori degli agenti, che tentavano di metterla in difficoltà, facendole ammettere che dalla sua visuale non vedeva direttamente la testa di Federico e quindi dove arrivassero i calci che vedeva partire, lei reagisce alzandosi in piedi e mostrando come il piede del poliziotto si sollevava anche in aria e veniva poi calato verso il basso come per pestare qualcosa... è più che evidente che Anne Marie non stava descrivendo lo spegnimento di un mozzicone...


4) "non è che vedo molto bene per dire sulla testa, sul corpo, dove. Però vedo che tutti fanno il movimento di... Quando il ragazzo fa la sua sforbiciata tutti sono su di lui a picchiarlo".:
è notte, tra il suo balcone e la strada ci sono forse anche dei rami di alberi, le auto "impallano" la vista di Federico a terra con gli agenti sopra. Ma mimando più volte le manganellate inferte sollevando il braccio sopra la testa e calandolo ripetutamente verso terra, Anne Marie traduce in gesti tutta una storia che a raccontarla a parole non basta un resoconto stenografico...
da notare, en passant, che a questo punto si ripete (nell'articolo) l'accenno alla "sforbiciata". C'è stata, ma prima (quando Federico era ancora in piedi e almeno a mezzo metro dal poliziotto più vicino, fuori dalla portata dei manganelli), ora è a terra e scalcia nel vuoto, verso l'alto come può (la poliziotta gli sta tenendo le gambe)...

5)"quando dice ‘ahi mi sta dando i calci’, quello libero picchia ancora, ma picchia...":
la donna, che lo tiene giù per i ginocchi o gli stinchi, non riesce a bloccare le gambe di Federico, che scalcia e la colpisce (personalmente ritengo si tratti della conseguenza del tentativo di ripararsi dai colpi, di liberarsi dalla stretta micidiale e dalla tortura delle manganellate e dei calci)...
notare quel "picchia ancora, ma picchia": nell'Italia (emiliano-romagnolo) di Anne Marie questa è una sottolineatura; si reitera il predicato verbale ("picchia"), accentuando con la voce la reiterazione. Un'usanza simile si ritrova nel romanesco: p.es. "l'ha fatto schiattà, l'ha fatto!", dove il secondo "l'ha fatto" sottolinea il ruolo del soggetto che fa schiattare (scoppiare, morire) l'altro (dal ridere, per esempio)...

6)"dopo un attimo loro dicono, ‘ma c’è del sangue? E’ la roba mica siamo stati noi’", successivamente sente gli stessi dire "‘moderate che ci sono le luci accese’, e a questo punto vedi che si calmano un pochettino e arriva la macchina dei carabinieri".:
Un pò riassunta, questa è la fase "dopo": Federico è fermo a terra, non si muove né si lamenta più; vedono del sangue, lo analizzano all'istante e deducono che contenga sostanze stupefacenti; poi alzano la testa e si accorgono di essere visti (e qui mi vien spontaneo un ricordo letterario: "la bocca sollevò dal fiero pasto", Dante, Inferno, Canto XXXIII)...


7)"Tra la voce dell’agente e l’arrivo dell’Arma "vado in camera per svegliare mio figlio":
non lo dice, Anne Marie, ma è da questo momento, dal timore di essere vista (lei da loro!) che inizia il suo calvario, che da quel 25 settembre s'è portata dentro fino al 16 giugno: si tira indietro, si nasconde in casa, poi prende suo figlio e fa vedere anche a lui cosa succede - cerca quasi il conforto di un'altra testimonianza per non sentirsi sola e non creduta già dentro casa...

Il finale è di nuovo il "dibattito" tra Anne Marie e gli avvocati dei poliziotti: ovvio che Anne Marie non ha visto ogni centimetro del corpo di Federico e ogni singolo colpo inferto, ma al di là di alcuni dettagli celati dal buio, dai corpi degli agenti e dalla volante, quello che nell'insieme racconta è perfettamente comprensibile.

Chissà come lo tradurrà, tutto questo, il PM...

lunedì 24 luglio 2006

luttazzi è vivo e ribatte insieme a noi


Daniele Luttazzi ha ufficialmente chiuso il suo blog mooolto mooolto tempo fa, ma ogni tanto
da quelle parti, spunta qualcosa: peli in riscrescita, post, autopromozioni di tournées (lette oltre 2000 volte, wow per un blog chiuso!)...

L'altroieri è apparso questo post, alla cui lettura vi rimando
(non tanto perché cita Chomsky, o perché avrei citato pure questo, ma perché la parodia dell'Ultima Cena è divina)...

venerdì 21 luglio 2006

Spie contro spie contro spie contro spie contro spie...


Colonna sonora obbligatoria: Bauhaus, "A Spy in the Cab"

An eye for an eye
A spy for an eye
An eye for an eye
A spy for a spy...


N.B. Copincollo tutto l'articolo perché il finale della vicenda Abu Omar/Sismi è da romanzo (e poi l'articolo di Bonini potrebbe sparire nei meandri della Rete):

Il nastro smonta la linea difensiva tenuta sino qui dal Sismi sulla vicenda
I due parlano e il generale ammette che fu il direttore a dare il via all'operazione
"Pollari ordinò il rapimento"
Ecco il nastro che lo inchioda

di CARLO BONINI



Mancini e Pignero si incontraro davanti al negozio Ferrari in via Tomacelli a Roma
ROMA - Il direttore del Sismi Nicolò Pollari ordinò agli uomini della prima divisione del controspionaggio il sequestro dell'imam Abu Omar. Concordò personalmente l'operazione con l'allora capo della Cia in Italia, Jeff Castelli, nel suo ufficio di Palazzo Baracchini, sede del ministero della Difesa. Gli uomini della prima divisione lavorarono alla preparazione del piano e quindi lo informarono della loro contrarietà. L'operazione venne portata a termine il 17 febbraio 2003. Eccolo, dunque il segreto. Nessuno avrebbe dovuto o potuto violarlo. Nemmeno la Procura di Milano. Perché il segreto doveva morire con l'unico uomo del Servizio, oltre il direttore, che lo custodiva: il generale Gustavo Pignero, che oggi lotta con una malattia terminale. Ma alle 9 del mattino del 2 giugno, un microfono nascosto incide su nastro oltre 60 minuti di una conversazione che riscrive alcuni passaggi chiave di questa storia. Marco Mancini, numero due del Servizio, è a colloquio con il generale Pignero e al generale strappa con l'inganno la confessione che vale uno scacco matto.

Per trenta giorni quel nastro è rimasto nella cassaforte di uno studio legale nel cuore di Roma. Un'arma difensiva "a futura memoria". "Un'assicurazione sulla vita", come è prassi nel mondo fangoso delle spie. Il 7 luglio, il nastro viene ascoltato nella sala interrogatori del carcere di san Vittore, dove Marco Mancini risponde alle domande dei pubblici ministeri e del gip che lo hanno arrestato con l'accusa di concorso aggravato in sequestro di persona. L'11 e il 13 luglio, il generale Pignero, dal letto della sua abitazione, dove è costretto agli arresti domiciliari, riconosce la propria voce nel nastro. Trasforma una confessione rubata in una resa volontaria. Il segreto cede di schianto. La storia può essere riscritta. A partire dal primo pomeriggio del 1° giugno, a Milano, quarto piano del palazzo di giustizia.


Il generale Gustavo Pignero, ex direttore della prima divisione del controspionaggio, si presenta spontaneamente dal pubblico ministero Armando Spataro per proporre un nuovo aggiustamento alla versione ormai insostenibile con cui il Sismi, da oltre un anno, protesta la propria assoluta estraneità al sequestro di Abu Omar. Pignero ammette che qualcosa, nel dicembre 2002, è accaduto. Che Marco Mancini, allora coordinatore dei centri Sismi del nord Italia, arriva con la sua squadra a Milano con l'incarico di pedinare Abu Omar, studiarne le abitudini. Pignero spiega che l'operazione è fine a sé stessa e non ha un seguito. Che quando l'Imam sparisce nel febbraio 2003, di nulla il Servizio viene informato e nulla apprende. È una storia che non sta in piedi. Soprattutto perché monca.

Alle 15.22, Pignero ne parla al telefono con Marco Mancini. La conversazione è intercettata e vale la pena ricordarne un passaggio. "Ho tenuto fuori il number one", dice Pignero riferendosi a Pollari. Mancini vuole sapere in che modo e le risposte che sente non gli piacciono affatto. "Così mi metti nei casini", dice a Pignero.

Marco Mancini - per quel che ha raccontato ai pubblici ministeri dando conto di quella telefonata, come di quella ancora più importante che segue - è convinto di essere finito in una trappola. Due settimane prima, Pollari lo ha scaricato, rimuovendolo dal comando della prima divisione del controspionaggio e costringendolo ad un congedo per malattia. Ormai, del direttore del Servizio, Mancini pensa tutto il male possibile ("È un codardo e i codardi vanno fucilati alla schiena", dice in uno dei suoi sfoghi telefonici).

Capisce, ascoltando Pignero, che aver consegnato il suo nome a Spataro e averlo collocato sulla scena del sequestro poche settimane prima che avvenga, equivale ad averlo condannato. Alle 16.57 di quello stesso giorno, chiama Luciano Seno, ufficiale del Sismi che gli fa da tramite con Pignero. Gli racconta una balla: "Ho saputo che forse mi chiamano in Procura... Dì a Pignero che ci vediamo domattina a Roma, alle 9 in via Tomacelli, alla "Ferrari"".

Marco Mancini ha già deciso cosa vuole fare. Ne ha parlato con i suoi avvocati e se ne è convinto una volta di più. Sabato 2 giugno, di buon mattino, infila la giacca e sistema come sa la cimice che dovrà registrare ogni sussurro della conversazione che si prepara ad affrontare con Pignero. Mancini racconta ai pm milanesi che, quella mattina, non ha altra scelta. Sa come sono andate le cose con Abu Omar. Ma sa anche che, se tutto dovesse precipitare, nessuno gli crederà. Se resterà stritolato dall'inchiesta della Procura di Milano, la sua parola non varrà nulla contro quella del direttore del Servizio e del generale Pignero, che di Mancini è stato il superiore. Non ci sono pezzi di carta cui aggrapparsi. Nulla di nulla. C'è una sola strada. Tirare in trappola Pignero. Fargli raccontare la storia che Mancini ha ascoltato tante volte dalle sue labbra e che ora il generale si rifiuta di raccontare ai pm milanesi.

Alle 9 del mattino di sabato, non c'è grande animazione in via Tomacelli. Le vetrine del concessionario "Ferrari" sono sul lato sinistro della strada che unisce il Tevere a via del Corso. Lungo lo stesso marciapiede su cui affacciano le redazioni dei quotidiani il manifesto e Corriere della Sera. Pignero e Mancini si salutano. Non sanno di essere pedinati e fotografati dalla Digos, ma questo poco importa. I poliziotti sono lontani e non possono sentire quel che i due hanno da dirsi. Camminano lentamente. Mancini comincia a sollecitare Pignero e Pignero parla. La cimice cattura le due voci e incide su nastro.

Mancini chiede: "Ti ricordi Gustavo? Ti ricordi che l'ordine del sequestro arrivò dal direttore". E Pignero: "Sì me lo ricordo". Ancora Mancini: "E ti ricordi che dissi ai miei che dovevamo prenderlo? E ti ricordi che, dopo due giorni, ti dissi che non si poteva fare perché non siamo in Sudamerica?". "Sì, me lo ricordo". "Ti ricordi che non fui io a decidere il trasferimento a Roma di D'Ambrosio (il capo centro Sismi di Milano). Che io lo volevo mandare a Trieste?". "Sì". Mancini fa ammettere dunque a Pignero che l'ordine del sequestro arrivò direttamente da Pollari e che lui espresse il suo dissenso attraverso le vie gerarchiche.

Di più: fa dire a Pignero che se fosse stato vero che il trasferimento improvviso di D'Ambrosio da Milano avesse avuto a che fare con il sequestro non avrebbe avuto senso raccomandarne l'assegnazione a Trieste, il centro Sismi con competenza sulla base di Aviano (luogo in cui Abu Omar sarà prelevato da un aereo della Cia diretto a Ramstein e da qui in Egitto).
Ma per Mancini il lavoro è ancora a metà. Non può dirsi completo senza far dire al generale cosa è accaduto a Roma, a Palazzo Baracchini.

Pignero ammette che sulla vicenda Abu Omar ebbe con Pollari due incontri. Il primo, nell'inverno del 2002. "Sì, è vero, entrai nell'ufficio di Pollari mentre ne usciva Jeff Castelli (allora capo della Cia in Italia) e notai che aveva lasciato una busta sulla scrivania". Pignero fa riferimento alla lista dei 12 sospetti che la Cia intende rimuovere all'inizio del 2003. A Milano, Torino, Vercelli, Napoli. Ma, soprattutto, Pignero spiega che, sollecitato dalla Cia, Pollari ha immediatamente mobilitato lui e gli uomini della prima divisione che in quel momento comanda. E non è tutto. Stimolato, Pignero ricorda anche il secondo incontro con Pollari, quando torna a riferirgli del dissenso manifestato da Mancini all'operazione di sequestro: "Gli riferì che per noi l'operazione non si poteva fare e lui prese atto".

Siamo all'epilogo. Mancini chiede a Pignero perché si ostini a non raccontare tutta la storia alla procura di Milano. Il generale risponde: "Sono molto malato e non ho nulla da perdere. In questa storia, preferisco saltare io, piuttosto che far saltare il direttore. Perché se salta il direttore, salta il governo e saltano pure i rapporti con gli americani". Ora, Mancini ha davvero tutto ciò che gli serve. Nella prima settimana di giugno, consegna il nastro ai suoi avvocati. La bobina resta in una cassaforte fino alle sei del mattino del 5 luglio. Quel giorno, mentre una macchina della Digos, vola da una casa di Lugo di Romagna (l'abitazione di Mancini) verso il carcere di san Vittore, gli avvocati Luigi Panella e Luca Lauri si affannano a trascrivere la confessione rubata di via Tomacelli.

Certo, devono dimostrare che quel nastro non è un trucco. Ma Mancini, questa volta, ha fortuna. Quella mattina del 2 giugno, mentre parla con Pignero, il suo cellulare squilla. Lo cerca Gian Vigio Curti, l'ufficiale che ha preso il suo posto al vertice della prima divisione. E' una conversazione brevissima. La cattura la cimice che Mancini nasconde nella giacca. Ma la registrano anche i nastri con cui la Digos tiene sotto controllo il telefono di Mancini. Sovrapposte, le due registrazioni combaciano. È la prova che convince i pm di Milano che la bobina di Mancini non è un arma posticcia. Mancini lascia san Vittore. Pignero confessa e ritrova la libertà. E quel che il generale Pollari ha scritto neppure due settimane prima per "la Rivista di Intelligence", nel numero di giugno dedicato ai "Sequestri di Stato", sembra ora davvero un beffardo epitaffio: "Nel deserto di ombre e di specchi dell'intelligence solo la pienezza dell'umanità, coerente con i fondamentali principi etici e morali, può riuscire a illuminare la realtà".

(21 luglio 2006)

non capirci un tubo (anzi, due o tre)

Quelli del piano di sotto che bussano, ci hanno la macchia sul soffitto, telefona alla padrona di casa, cerca un idraulico...

Questa era la causa: una perdita nello scarico del lavandino della cucina...


Questo è il risultato dopo la riparazione...





...e questo è il tubo che era rotto, sotto...

Un paio di giornate perse, una casa sottosopra, i vicini che sbavano, l'idraulico che può andarsene una settimanella a Sharm-el-Sheik, la padrona di casa che sbuffa ma è sollevata che non c'era da sradicare il parquet nel salotto a fianco (v.sotto il tubo), e tu che resti con la netta sensazione che hai sbagliato mestiere...

giovedì 20 luglio 2006

la storia (dell'homevideo) siamo noi


Dopo mesi e mesi in cui non toccavo un VHS, oggi mi sono messo per guardare la puntata di "La storia siamo noi" sul G8 di Genova... nella foto il risultato!
E' stato inutile anche un estremo tentativo di montaggio: taglio del nastro magnetico arricciato e giuntura con scotch sottilissimo - quel pezzo è passato sotto le testine, ma poi s'è piantato tutto, forse a causa di un difetto del nastro (rotelle come bloccate), perché altri vanno bene.

Mannaggia alla tecnologia analogica del secolo passato! Babbo Natale, voglio un HDD/DVD-RW o come cavolo si scrive un videoregistratore digitale!

Intanto un appello: chi avesse registrato quella trasmissione, mi scriva! Per favore!!
Vi ricambio con una copia del DVD di "Quale verità per Piazza Alimonda?".

(non) ci posso credere!


Andreotti: "Se fossi nato profugo anch'io ora sarei un terrorista"
«Credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e non avesse da 50 anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista». Giulio Andreotti, interviene a Palazzo Madama in un dibattito sulla guerra e ricorda che, «nel '48, l'Onu ha creato lo Stato di Israele e lo Stato arabo. Lo Stato di Israele esiste, lo Stato arabo no». Parlando a un'aula attenta e silenziosa, Andreotti si è rammaricato che «nel nostro vocabolario abbiamo la parola equidistanza ma non esista la parola equivicinanza». Quindi la proposta: «Riattiviamo attraverso il nostro stimolo un intervento dell'Unione Europea», perché questa è «una situazione che moralmente dovrebbe impegnarci di più». Infine Andreotti ha concluso: «Quando erano gli ebrei gli ammalati, chi non era al loro fianco mancava ai propri doveri morali. Adesso è certamente più malato il mondo palestinese». (dalla stampa)


Nel sito del Senato si trova la trascrizione integrale dell'intervento. Leggetela assolutamente, è una lezione di realtà.


Sono scioccato, illuminato e confuso.

Applaudirei anch'io!

POST 0.1

Aggiornamento del Post numero zero di questo blog, a sette mesi e mezzo dalla sua fondazione.
Ogni tanto qualcuno mi chiede perché "L'Errico": nel POST 0 qualche motivo.

Qui, di seguito - e mi pare oggi più giusto del solito- qualche altro:

Io non sono veramente libero che quando tutti gli esseri viventi che mi circondano, uomini e donne, sono ugualmente liberi. La libertà, lungi dall’essere un limite o la negazione della mia libertà, ne è al contrario la condizione necessaria e la conferma. Io non divento libero veramente che per mezzo della libertà degli altri, di modo che più numerosi sono gli uomini liberi che mi circondano e più profonda e più ampia diventa la mia libertà. Al contrario è la schiavitù degli uomini che pone una barriera alla mia libertà, o ciò che è lo stesso, è la loro bestialità che è una negazione della mia umanità; perché, ripeto, non posso dirmi libero veramente che quando la mia libertà, o ciò che significa la stessa cosa, quando la mia dignità d’uomo, il mio diritto umano(che consiste nel non obbedire a nessun altro uomo e nel non determinare i miei atti se non conformemente alle mie proprie convinzioni), riflessi dalla mia coscienza egualmente libera di tutti, mi ritornano confermati dall’assenso di tutti. La mia libertà personale così confermata dalla libertà di tutti si estende all’infinito.

Si vede come la libertà, qual è concepita dai materialisti, è una cosa molto positiva, molto complessa e soprattutto eminentemente sociale, perché non può essere realizzata che tramite la società e soltanto nella più stretta uguaglianza e solidarietà di ognuno con tutti. Vi si possono distinguere vari momenti di sviluppo, o elementi, di cui il primo è eminentemente positivo e sociale; è il pieno sviluppo e il pieno godimento di tutte le facoltà e potenzialità umane per ciascuno attraverso l’educazione, l’istituzione scientifica e la prosperità materiale, tutte cose che non possono essere date da ciascuno se non con il lavoro collettivo, materiale ed intellettuale, muscolare e nervoso della società tutta intera.

Il secondo elemento o momento della libertà è negativo. E’ quello della rivolta dell’individuo umano contro ogni autorità divina e umana, collettiva e individuale.

Prima di tutto è la ribellione contro il fantasma supremo della teologia, contro Dio. E’ evidente che fintanto avremo un padrone nel cielo, noi saremo schiavi sulla terra. La nostra ragione e la nostra volontà saranno ugualmente annullate. Finchè crederemo di dovergli un obbedienza assoluta, e di fronte a un Dio non è possibile altra obbedienza, dovremo necessariamente sottometterci passivamente e senza la minima critica alla santa autorità dei suoi intermediari e dei suoi eletti(messia, profeti, legislatori ispirati da Dio, imperatori, re e tutti i loro funzionari e ministri), rappresentanti e servitori consacrati delle due grandi istituzioni che si impongono a noi come predisposte da Dio stesso per guidare gli uomini:la Chiesa e lo Stato. Ogni autorità temporale o umana discende direttamente dall’autorità spirituale o divina. Dio, o piuttosto la finzione di Dio, è dunque la consacrazione e la causa intellettuale e morale di ogni schiavitù sulla terra; e la libertà degli uomini non sarà compiuta fino a che non avrà completamente annientato la finzione nefasta di un padrone celeste.

Il secondo elemento è, di conseguenza, la rivolta di ognuno contro la tirannia degli uomini, contro l’autorità sia individuale che sociale rappresentata e legalizzata dallo Stato. Qui bisogna tuttavia intendersi bene, e per intendersi bisogna cominciare con lo stabilire una distinzione ben precisa fra l’autorità ufficiale e di conseguenza tirannica della società organizzata in Stato, e l’influenza e l’azione naturale della società non ufficiale, ma naturale, su ciascuno dei suoi membri..

La rivolta contro l’influenza naturale della società è molto più difficile per l’individuo che non sia la rivolta contro la società ufficialmente organizzata, contro lo Stato, sebbene spesso sia altrettanto inevitabile quanto quest’ultima. La tirannia sociale, spesso schiacciante e funesta, non presenta, però questo carattere di impetosa violenza, di dispotismo legalizzato e formale che contraddistingue l’autorità dello Stato. Essa non si impone come una legge alla quale ogni individuo è obbligato a sottomettersi a meno di incorrere in una punizione giuridica. La sua azione è più dolce, più insinuante, più impercettibile, ma molto più potente di quella dell’autorità dello Stato. Essa domina gli uomini con i costumi e le usanze, con la massiccia pressione dei sentimenti, dei pregiudizi e delle abitudini sia della vita materiale che dello spirito e del cuore e che costituiscono ciò che chiamiamo opinione pubblica. Essa avvolge l’uomo fin dalla sua nascita, lo attraversa, lo penetra, e forma la base stessa della sua esistenza individuale, in modo, che ognuno ne è in qualche modo, più o meno, il complice contro se stesso, e il più delle volte senza nemmeno sospettarlo. Ne risulta che, per ribellarsi contro questa influenza che la società esercita naturalmente su di lui, l’uomo deve, almeno in parte, ribellarsi contro se stesso, poiché con tutte le sue tendenze e aspirazioni materiali, intellettuali e morali, egli stesso non è altro che il prodotto della società.

(da Mikail Bakunin, in Arvon B)

(Fonte, non verificata: post su Indymedia.)

(Anche) a Carlo.

mercoledì 19 luglio 2006

5 anni fa

Ero a Cascia, a lavorare: giravo una serie di documentari sui luoghi di pellegrinaggio in Italia per Stream. Viaggi della fede visti con occhio laico, perché a volte i luoghi santi sorgono in o vicino a posti meravigliosi per storia, cultura, cibo...
Ricordo, rientrando in un albergo affollato anche da stranieri, un TG1 forse in edizione straordinaria, con un Giorgino commosso come non mi è mai più capitato di vedere: un ragazzo era stato ucciso a Genova, a Piazza Alimonda.

Ora, come da quel giorno in poi, spesso, ci sto pensando. E vedo la bella mamma laica Haidi Giuliani e la confronto al perdono di Rita da Cascia per gli assassini dei suoi figli...
Ho letto libri, navigato per giorni interi tra siti, visto foto e filmati sul web e su Blob, ascoltato racconti di chi c'era e di chi non ci era potuto andare. Io non ci potevo andare, ma ricordo ancora il timore. Lo stesso che espresse esemplarmente Jacopo Fo.

E ora vado di là a vedermi la puntata di "La storia siamo noi" (di Giovanni Minoli) andata in onda ieri sera in terza serata su Raidue.
Ne scriverò ancora, a breve. Il 20 luglio è domani, ma il giorno prima si può ancora evitare il giorno dopo?

purquà?


TG1 dell'ora di pranzo, oggi. Un servizio idiota su quello che secondo loro sarebbe il tormentone del momento: l'audio, o il video col commento originale, del telecronista francese che alla finale Mondiale, al colpo di testa di Zidane a Materazzi, dice "Mais pourquoi? Mais pourquoi?"... dal servizio si vede pure riportato da qualche testata italiana con la storpiatura "Purquà? Purquà?". In Rete, dopo una rapida ricerca, non salta fuori niente. Invece il vero tormentone è "La danse du coup de boule", come citato per esempio in un articolo del 12 luglio (sette giorni fa!) sul sito di Repubblica. Se ne può sentire l'accattivante ritornello sul sito della casa discografica. La canzone si può scaricare ovunque, per esempio da qui...


Pessotto sta meglio, ha visto le figlie, respira da solo. Bene. Il medico ha chiesto alla stampa di non nominare più l'accaduto e il fatto che si trattasse di un tentativo di suicidio. Perché? Anzi: purquà?
Per non turbare le bambine (5 e 10 anni). E passi. Ma anche per non turbare lui, che non si ricorda quello che ha fatto? Ma davvero, dottore? Ci crede, a quello che dice? Purquà?


Ultimo post sul calcio, poi basta che non me ne sono mai occupato tanto come in questo periodo (e ancora penso che la Svizzera poteva battere bene l'Ucraina, e forse i Mondiali sarebbe finiti diversamente...): è finita anche la mia stagione calcistica. Già: il venerdì sera, tra le 19 circa e le 20 passate, gioco con alcuni amici (perlopiù professori universitari di matematica...) a calcetto. Ora, però, l'organizzatore, Angelo, è in Brasile per un seminario (almeno così dice) e non abbiamo organizzato più partite. A settembre, dunque! La mia pancia è preoccupata... chiede purquà?

lunedì 17 luglio 2006

anni non in più, dubbi non in meno


Oggi sarebbe stato il 19° compleanno di Federico Aldrovandi (nella foto, dove è evidente il suo abbigliamento che ha suscitato nei poliziotti il timore che si trattasse di un pericoloso frequentatore di Centri Sociali, tanto da far intervenire la Digos; inoltre si noti come evidentemente appaia come un adulto di 35-40 anni, come dal referto del medico legale intervenuto sul luogo quella mattina...).
Stasera a Ferrara è in programma una manifestazione per ricordarlo.
Io non potrò esserci: ho una diretta da Piazza Farnese...
E' di ieri (domenica!) un comunicato stampa del sindacato di Polizia SILP (diramazione della CGIL), segreteria provinciale di Ferrara. Lo trovate citato ampiamente qui..
Che strano tempismo...
Personalmente più che legare, come si fa nell'articolo di Estense.com, questa uscita con l'invio di cartoline al Questore (iniziativa civile, tutto sommato innocua), mi viene il dubbio che sia legata, se non altro, ad altre due date: una, precedente, è l'inizio degli incontri tra medici legali delle parti per dare il via alla "superperizia" che dovrà stabilire la verità medica sul caso; l'altra, successiva, è ovviamente quella di oggi.
E non a caso il passaggio più interessante del comunicato scritto dal segretario Mauro de Marchi, è quello in cui conferma “la propria fiducia nell’operato della Magistratura e dei periti che stanno analizzando l’episodio” e chiede “di fare piena luce e di sgombrare il campo da tutti i dubbi e le perplessità ingenerate soprattutto da una gestione dell’informazione e della comunicazione tra la Questura, gli organi di stampa e la cittadinanza, a dir poco lacunose”..
Insomma: spetta ai medici legali ovviare agli errori di comunicazione del Questore? E basta un nuovo esame autoptico/tossicologico a sgombrare il campo da tutti i dubbi? E soprattutto, perché dirlo ora?

E che dire di quell'altro buffo passaggio che dice è questa lacuna di comunicazione ad aver "creato una barriera che sta diventando sempre più alta e invalicabile, tra gli operatori di polizia e la cittadinanza, soprattutto le fasce più giovani”? Mi permetto di dubitarne: forse che una certa sfiducia nelle forze dell'ordine venga da un pò più lontano? Per esempio da Genova2001: per esempio dal comportamento di un tale Aldo Tarascio, sindacalista del SILP, indagato per abuso d'autorità per i fatti di Bolzaneto (l'unico, per altro, ad individuare una catena di comando con vertici politici, in quei giorni), o da quelli del vostro portavoce nazionale Sgalla, il primo a ventilare l'ipotesi che le ferite sanguinanti dei 93 macellati alla Diaz fossero "pregresse" all'intervento degli agenti? O anche da quei tanti poliziotti iscritti ad un sindacato "di sinistra" che non denunciano, conoscendoli da vicino, autori di abusi recenti e passati, diventandone di fatto complici?

Urca, oggi ho qualche perplessità in più, non in meno!...

P.S. Cliccando sulla foto (come su tutte quelle pubblicate, o ri-pubblicate, su questo blog) se ne apre una versione più grande in un'altra pagina: a vostra discrezione...

due paesi, due misure


13:30 Forze di terra israeliane nel sud Libano
Forze di terra israeliane sono entrate nel sud del Libano,
per attaccare le basi di Hezbollah lungo il confine.
(Associated Press)


Quando nel 1990 l'esercito di Saddam Hussein superò il confine terrestre del Kuwait, invadendolo,
l'ONU impose sanzioni economiche, e nel gennaio 1991 iniziò "Desert Storm", la prima Guerra del Golfo.
Alla fine, all'Iraq l'ONU impose di distruggere il suo arsenale di armi di distruzione di massa,
cosa che sostanzialmente fece (visto che la "scusa" che Saddam ne avesse ancora per scatenare la seconda Guerra del Golfo, è stata ampiamente smentita)...

Oggi l'esercito israeliano invade il territorio di uno stato legittimo. Aspetto che l'ONU attivi le procedure per imporre sanzioni economiche al paese. Poi che una coalizione di caschi blu imponga il cessate il fuoco e determini aree di non-conflitto tra Israele e i paesi confinanti. Poi che qualcuno risolva il problema di uno Stato Palestinese, che manca ormai da 60 anni...
Insomma: qualcuno fermi Israele. Presto.

P.S. Le due foto sono relative a bombardamenti in Iraq e in Libano. Notate differenze?

Tascisti


Adesso hanno veramente rotto: i tassinari a Roma hanno aggredito un altra volta un giornalista, dopo aver attaccato l'auto del ministro Mussi...
Che la reazione della lobby dei tassisti alla paventata "liberalizzazione" delle licenze (magari!) fosse corporativa, fascistoide e un tantino a-democratica, s'era capito. Ma questo è troppo.

mercoledì 12 luglio 2006

sì, ma...


Sì, certo: l'Italia ha vinto il Mondiale, comunque.
E soprattutto la reazione di Zidane è sbagliata, esagerata e stupidissima.

...ma cosa cacchio gli avrà detto Materazzi?
(Qui in una tipica espressione italiana)

sabato 8 luglio 2006

peggioramenti

Gianluca Pessotto sta ancora molto male e non potrà vedersi neanche la finale dei Mondiali in TV: forse è pure meglio, visto l'impatto che l'incontro in Germania con gli ex-compagni può aver avuto sul suo umore, almeno a interpretare certe frasi della moglie...
Stanotte gli è risalita la febbre. E' un peggioramento prevedibile ma comunque preoccupante.

Ma quel che peggiora inesorabilmente, e qualcuno dovrebbe dirgli qualcosa, è quell'idiota di medico che lo cura e che fa conferenze stampa allucinanti.
Ecco cosa ha dichiarato nell'ultima:
"Le partite si vincono e si perdono ma non si vincono mai 4-0 - ha detto - l'evoluzione di un paziente di questo genere è sempre così. E' un miracolo che sia arrivato vivo in ospedale, è un miracolo che non sia morto entro 48 ore, ma per il terzo miracolo ci vorrà ancora del tempo. Al momento in cui Pessotto arrivò all'ospedale avrei messo la firma per essere in queste condizioni ora. Dopo quattro giorni, invece, avrei sperato che oggi fossimo in una condizione migliore. Però in questi casi i conti si fanno sempre alla fine".
Il 29 giugno aveva dichiarato:
"Le cause acute di morte immediata sono superate, ma adesso ha di fronte un percorso difficile. E' come dire che ha fatto gol ed è 1-0 al 20' del primo tempo, ma questo non significa aver vinto la partita(...)nelle prime 48 ore Pessotto rischiava un cartellino rosso,cioè di morire, adesso sono possibili una serie di cartellini gialli".

Basta. Per pietà.

venerdì 7 luglio 2006

disagi


"Maltempo: nubifragio a Roma. Disagi"
E' piovuto, stamattina. Era tanto tempo. Un normale temporale estivo, di quelli che da bambino ti coglievano di sorpresa nel bel mezzo di una partita di pallone, o di un gita in bicicletta. E allora montavi in sella e tornavi a casa, senza troppa fretta, ché tanto la bici da cross non aveva il parafango dietro e a casa ci saresti comunque tornato con una striscia di fango sulla schiena...
Eppure, in questa città sempre a disagio col suo essere città, capitale per forza, è subito il panico: strade intasate più del solito di auto chiuse con unico occupante, vetri appannati, pugno sul clacson. Si allerta la Protezione Civile. Si allagano gli scantinati, quelli con i mobili imbarazzanti di nonna che guai a buttarli, con i Topolini ingialliti che nessuno legge. Le buche delle strade diventano trappole luccicanti, di un nocciola metallico. Si rubano gli ombrelli nelle banche, nei supermercati. Escono i cingalesi con i loro ombrelletti che durano il tempo dell'emergenza: un giorno o due al massimo. (Ma quando c'è il sole che fanno, organizzano attentati Tamil?)

Salgono, in percentuale di molto, da ieri, le visite a questo sito. E' stato segnalato nell'ultimo post della mamma di Federico Aldrovandi. E' normale. Eppure sono un pò a disagio. Da piccolo mi piacevano i giorni di pioggia perché sotto l'ombrello nessuno poteva vederti, anche se stavi in mezzo agli altri...
Eppure quei filmati su Federico li hanno visti oltre 3 milioni di persone, quando sono andati in onda.
Niente panico, il mio scantinato è al sicuro. E quindi, sorriso e mano tesa: benvenuti!
L'area "comments" è a vostra disposizione.

P.S. Giusto un attimo prima di cliccare su "Pubblica post", uno sguardo dalla finestra: è tornato il sole!

giovedì 6 luglio 2006

Vlog, movlog, o phlog?


No, non ho ingoiato una pallina da ping-pong!

E' che stamattina mi è venuta un'idea balzana: aprire anche un vlog.
Innanzitutto: cos'è un vlog? E' un blog video, un videoblog insomma.
Cioè: questo è scritto, quello è in video (e audio). Semplice, no?

Lo si trova qui: lerrico.blip.tv.




Una delle cose più interessanti è la possibilità di aggiornarlo col telefonino!!
Sì, basta fare un filmatino col videofonino, spedirlo via e-mail a un indirizzo,
e subito dopo è visibile sul vlog... in questo caso si chiama movlog.
Mmh, preferisco phlog, allora!

mercoledì 5 luglio 2006

videomar quant'è bello - megamix 2 (a 0)

La partita Italia-Germania 2 a 0 rischia di passare alla storia come quella del 1970 (17 giugno, 4 a 3, mentre a mia madre venivano le doglie...). Quindi oggi l'attenzione dei media è concentrata quasi tutta su questo...

Peccato, perché c'è un'altra notizia che rischia di fare storia: è stato arrestato il numero 2 del SISMI, Marco Mancini, il vice di Pollari per il sequestro di Abu Omar (nella foto; di lui avevo già parlato in un post precedente).
Sul sito di Repubblica.it ampio spazio e il solito buon lavoro di Bonini. Interessante anche una cronistoria della vicenda, qui.

Vi si legge tra l'altro:
7 giugno 2006. Il relatore dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa Dick Marty denuncia l'esistenza di una "rete" di Paesi coinvolti nelle detenzioni e trasferimenti di presunti terroristi da parte della Cia ed elenca sette Stati membri del Consiglio d'Europa, fra i quali figura l'Italia, che potrebbero essere ritenuti responsabili, a vari livelli, per aver violato i diritti di determinati individui e partecipato a tali operazioni.


Dick Marty (nella foto) è un senatore liberale del Canton Ticino, un mio conterraneo, una persona per bene. Come Carla del Ponte.

martedì 4 luglio 2006

l'autore sono io


Sono l'autore e regista dei due filmati di "Chi l'ha visto?"
dedicati alla vicenda di Federico Aldrovandi.
Sono io ad aver aperto un mini-sito,
che ho chiamato aldro.iitalia.com.
Ci ho messo io i due filmati.
Io ho segnalato il mini-sito sul blog della famiglia
sotto lo pseudonimo "Vertov".

Ora, qui, pubblicamente mi assumo tutte le responsabilità (legali e non) del caso: questo post va considerato uno spazio di autopromozione professionale, un esempio del lavoro che so fare e che in questo momento non posso svolgere per i motivi che ho elencato in un altro post...

Aspetto riscontri.

P.S. Visto che questo post continua tuttoggi (febbraio 2008) ad essere tra i primi risultati su Google quando si cerca "Federico Aldrovandi" e "Chi l'ha visto?", invito chi ci fosse arrivato direttamente a cliccare qui per leggere qualche notizia più aggiornata. Grazie. Dean Buletti
P.P.S. Il mini-sito non è più funzionante: i primi due filmati sul caso Aldrovandi si trovano qui.

Morto (dal ridere) il 4 luglio

Guarda un pò come ti celebro il forfofgiulài!
Tre canzoncine dedicate al miglior rappresentante del paese più progredito del mondo...

Videoclip di George Bush che canta "Imagine" e "Give Peace a Chance" di John Lennon: qui!
Ancora più carino, come montaggio e campionamento, questo video dove canta "Sunday Bloody Sunday" (thx Sam!)
E col suo amichetto Tony Blair duetta in "At the Gay Bar" degli Electric Six!

lunedì 3 luglio 2006

il giorno delle labbra fiammeggianti


Mi ci sto preparando psicologicamente da qualche giorno, più che se la Svizzera fosse andata avanti in questo che è il più brutto Mondiale che ricordi.
Ma in realtà li aspetto dal 1992, l'anno in cui fui colpito a morte nella testa del futuro... (questa è per pochi)!

Finalmente vedrò in concerto i FLAMING LIPS !!!

Stasera, a Villa Ada.

E allora un paio di canzoni, una vecchia e una nuova...pensando a Ferrara, dove i FL hanno suonato l'altra sera:

Hit Me Like You Did The First Time
Go, people wanna know
All the pleasures of
I've got my favorite place
You know just what to say
Hit me like the first time
All of your friends go there
They're not like me
I got my favorite place
You know just what to say
Kill me like you did the first time
Come on now (3x)
Hit me like the first time
Mount this heavy snow
It's warm like a winter coat
That's my favorite place
'cause you know just what to say
Kiss me like you did the first time
Come on now (8x)


The Yeah Yeah Yeah Song (With All Your Power)
Yeah yeah yeah yeah, yeah yeah yeah yeah [x10]

If you could blow up the world
With the flick of a switch
Would you do it?
(Yeah yeah yeah yeah, yeah yeah yeah yeah)
If you could make everybody poor
Just so you could be rich
Would you do it?
(Yeah yeah yeah yeah, yeah yeah yeah yeah)

If you could watch everybody work
While you just lay on your back
Would you do it?
(Yeah yeah yeah yeah, yeah yeah yeah yeah)
If you could take all the love
Without giving any back
Would you do it?
(Yeah yeah yeah yeah, yeah yeah yeah yeah)

And so we cannot know ourselves
Or what we'd really do

With all your power
With all your power
With all your power
What would you do?

With all your power
With all your power
With all your power
What would you do?

(No no no no, no no no no)

If you could make your own money
And then give it to everybody
Would you do it?
(No no no no, no no no no)
If you knew all the answers
And could give to the masses
Would you do it?
(No no no no, no no no no)

Are you crazy?
It's a very dangerous thing to do
Exactly what you want
Because you cannot know yourself,
Or what you'd really do

With all your power
With all your power
With all your power
What would you
Do do do do, do do do do [x6]
(Yeah yeah yeah yeah, yeah yeah yeah yeah) [x26]

With all your power
With all your power
With all your power
What would you do?

With all your power
With all your power
With all your power
What would you do?

With all your power
With all your power
With all your power
What would you do?

(I quit, you, you... I didn't make it all the way through that.)