lunedì 29 marzo 2010

ora (più o meno) legale


Ora ci vado anch'io, a votare. Ho espresso chiaramente la mia intenzione, dunque se arrivo un pò tardi non ci sono problemi, no?

6 a 3? No, 7 a 2!


La Bigelow batte l'ex-marito 6 a 3. Una donna "con le palle". The Hurt Locker meglio di Avatar...
ormai le abbiamo lette, sentite e digerite, le stronzate all'italiana sugli ultimi Oscar. Compresi i complimenti per gli "italiani" premiati (Mauro Fiore per la Fotografia di "Avatar", Michael Giacchino per la Colonna Sonora di "Up", Joe Letteri per gli Effetti Speciali Visivi di "Avatar")...

Vi parlerò di Stephen Nakamura e vi spiegherò perché a lui e Barry Ackroyd, secondo me, sarebbe dovuto andare (ex-aequo, ma per lo stesso film) l'Oscar 2010 per la "Cinematography", cioè per la Fotografia, di "The Hurt Locker".

Ora, non me la voglio prendere con l'unico che ha pure salutato l'Italia dal palco, ma il premio a Mauro Fiore secondo me è stato il più discutibile. A me era piaciuta la fotografia di The Hurt Locker come e forse più del montaggio, che ha vinto meritatamente una statuetta. Avevo gustato il backstage nel DVD, dove il DOP (Director of Photography) Barry Ackroyd spiega perché e come aveva utilizzato una cinepresa a spalla 16mm. La qualità del film è in gran parte dovuta a quelle riprese a mano, "embedded" nelle azioni di guerra non meno che in quelle emotive dei protagonisti... c'era qualcosa in quelle immagini (ovviamente pensate e decise dalla Bigelow, schizzate da bravi storyboarder, e composte da mille altri elementi tecnici e umani) che dava una qualità sottile e unica a quel film.
Che rimane un film strano, particolare.

Non voglio entrare nel merito della discussione sul fatto che possa essere considerato un film "contro la guerra" come la maggior parte dei film "sulla guerra" da quarant'anni a questa parte, o che per una volta sia "neutro" rispetto all'argomento (e dunque risultare più citazionale in sé del film di Tarantino) come certi vecchi film degli anni '50-'60, e dunque in quella (discussione) consecutiva per cui la Bigelow non sia da considerare la prima donna a vincere un Oscar, ma una maschiaccia androgina pro-army... per quelli che cucinano stronzate all'italiana, ci son state ovviamente pure le articolesse su quanto sia figa nonostante l'età, su quanto fosse elegante agli Oscar, e blablabla...

Ebbene, perché ne scrivo solo ora?
Perché ho letto un articolo molto molto interessante, che linko immantinente.
E grazie a questo articolo mi si è... messa a fuoco, la motivazione di quel mio dubbio sull'Oscar 2010 alla Cinematography.
Non condivido la banale considerazione che in "Avatar" più che di "Fotografia" sarebbe più corretto parlare di Effetti speciali, computergrafica e diavolerie digitali. Oggi la qualità visiva di un film, nel suo complesso, è dovuta a molti fattori e a molte personalità tecniche e artistiche.
E allora cos'è che mi aveva colpito quasi subliminalmente, nelle immagini di "The Hurt Locker", e perché? Ce lo spiega Stephen Nakamura, il colorist del film, nell'intervista linkata. Il suo lavoro di post-produzione sui colori e le luci del film, sottile e misurato, insieme alle riprese di Ackroyd, hanno contribuito alla qualità unica del film.
Insomma: leggetevi l'intervista in inglese, se vi interessa capirci di più...

martedì 23 marzo 2010

camminare nei prati


Ho cliccato su un link messo lì con un intento ben preciso, ho guardato e ascoltato un video piuttosto noioso, poi (a 6:30) ho pianto.

"Io posso morire anche adesso. Ma i miei nipoti devono poter camminare nei prati, salire sulle piante, fare quello che facevano tutti..."
Grazie, nonnina, per avermi ricordato un motivo semplice, vero, che ho ritrovato in fondo al cuore, per essere con voi NO TAV!

contro i criceti medi


Uolterueltroni, affanculoooo!

Così, gridato, sboccato, sdendato, maleducato, massimalista e minimalista, il mio vaffanculo
vuole unirsi a quello di Fulvio Abbate

PER OVVI MOTIVI

sulla richiesta ad Alfano (ad Alfano!), da parte dell'uomo che ha regalato Roma ai fasci lampadati e il paese ai "ma anche no", affinché venga (ri)aperta l'indagine sull'omicidio di Pasolini...
Veltroni, Pasolini l'hai ucciso pure tu!

Forse fu dopo lo sguardo immortalato in questa foto, che Pasolini scrisse in Petrolio:
«Carlo guardava quei fascisti che gli passavano davanti. Le persone che passavano davanti a Carlo erano dei miseri cittadini ormai presi nell'orbita dell'angoscia e del benessere, corrotti e distrutti dalle mille lire di più che una società "sviluppata" aveva infilato loro in saccoccia. I giovani avevano i capelli lunghi di tutti i giovani consumatori, con cernecchi e codine settecentesche, barbe carbonare, zazzere liberty; calzoni stretti che fasciavano miserandi coglioni. La loro aggressività, stupida e feroce, stringeva il cuore. Quella massa di gente sciamava per quella vecchia strada senza il minimo prestigio fisico, anzi fisicamente penosa e disgustosa. Erano dei piccoli borghesi senza destino, messi ai margini della storia del mondo, nel momento stesso in cui venivano omologati a tutti gli altri». (pp. 501-503)

(Detto questo, se ai miei capi di "Chi l'ha visto?" interessasse, sul "caso Pasolini" ci lavorerei ovviamente volentieri...)

lunedì 22 marzo 2010

le attraenti ossa


Ho letto il romanzo della Sebold, quando uscì, tutto d'un fiato. Trovai l'espediante narrativo non rivoluzionario, ma funzionale. E le atmosfere laicamente metafisiche... insomma, tutto sommato un buon libro.
Ora, di recente, è uscito il film di Peter Jackson, con il quale ho un debito quasi incolmabile (mi manca quasi tutto: non ho Heavenly creatures, né la trilogia tolkeniana...).

Ed è quasi banale, in questi giorni in cui la storia di Elisa Claps è riemersa alla cronaca, ripensare a quella storia. A lei che ha passato più tempo morta nel controsoffitto di quella chiesa di Potenza che viva, nell'aria e nel sole, a sorridere...
A lei che sa bene chi è il suo assassino, e chi lo ha aiutato allora e in tutti questi anni.
A lei, che era incastonata come il pinguino nella palla di vetro con la neve.

Perché Elisa Claps riguarda tutti noi? Perché ci viviamo un pò tutti, in una palla di vetro...
E allora, adesso che Elisa è saltata fuori, bisogna dare una bella scossa a quella palla di vetro, a quel verminaio mafiomassonico che ruota intorno (anche) a questa vicenda nel cuore nero della Basilicata, e che turbini la merda che ha ricoperto finora carte, legato mani, bendato occhi!
Che si squarci il velo di ipocrisia sulla realtà di quella cittadina, di questo paese, in cui la morte di Elisa e tutto quanto è stato fatto affinché NON si scoprisse la verità, ha la maschera di un potere senza volto, ma fin troppo riconoscibile intorno e sopra il nostro (siamo noi i nostri ministri della paura): nei giochetti retorici della quotidiana sopraffazione, in chi ha il cugino assessore e se la cava, come quello che si fa togliere le multe, o quell'altro che non ti fa la ricevuta ma vota a sinistra...

E che le ossa di Elisa, in queste ore così attraenti per i cani della De(in)formazione, vengano lasciate in pace. Ma prima della pace, servono Verità e Giustizia. Altrimenti nessuno di noi potrà sentirsi tranquillo, nella palla di vetro.
Perché un colpo di dadi non abolirà mai il caso...
e invece quanti staranno lì, stasera, o un'altra sera, a fissare la fluorescenza azzurrina, riflesso della loro palla di vetro. Semplicemente...

gruppettari


Ne avrete già letto altrove: alla loro manifestazione (meglio: cerimonia) a Roma erano un milione e più, secondo loro; 150'000 secondo la Questura.
E loro a lamentarsi dei dati della Questura, come quattro pulciosi manifestanti dei centri sociali...
ci sarebbe da ridere.

Ma non c'è.
Primo, perché comunque loro erano tanti. Troppi.
Poi perché loro avevano pure il servizio d'ordine con le croci celtiche, e ormai per loro è normale.
ma soprattutto perché loro sono al governo del paese. Loro.

per una notte

Anch'io la faccio fuori dal vaso: giovedì 25 marzo 2010, dalle ore 21...
Ho donato 2,50€, ma mi sento mooolto più leggero!

martedì 9 marzo 2010

ombra e miele


Quando un genio si spara in testa, tutto il mondo perde qualcosa.
Se n'è andato Mark Linkous, sono finti gli Sparklehorse.
resterà la sua musica,
miele con dentro scintille di vetro scuro...

martedì 2 marzo 2010

figlio mio, quanto mi costi!


Per la serie "le grandi inchieste". Quelli di Repubblica hanno affrontato un tema scottante, un argomento spinoso, si sono battuti contro la lobby del pannolino, contro la mafia dello scaldabiberon!

E ci raccontano quanto costa il primo anno di vita di un figlio. Risposta: tanto... ma vah!?!

Il bello è che lo fanno con delle fotografie da National Geographic come quella riportata, e con dati che sconcertano.
Leggete attentamente la didascalia della foto: un ciuccio costa dai 26 ai 44€!?!
Un vero scandalo, non c'è che dire