giovedì 24 gennaio 2008

lui se fosse gaber


Ho letto da qualche parte che Neri Marcorè reinterpreta Gaber a teatro. Che bisogno c'era?

Marcorè: Io mi chiamo G.
Gaber: Io mi chiamo G.
Marcorè: No, non hai capito, sono io che mi chiamo G.
Gaber: No, sei tu che non hai capito, mi chiamo G. anch'io.
Marcorè: Il mio papà è molto importante.
Gaber: Il mio papà no.
Marcorè: Il mio papà è forte, sano e intelligente.
Gaber: Il mio papà è debole, malaticcio e un po' scemo.
Marcorè: Il mio papà ha tre lauree e parla perfettamente cinque lingue.
Gaber: Il mio papà ha fatto la terza elementare e parla in dialetto, ma poco perché tartaglia.
Marcorè: Io sono figlio unico e vivo in una grande casa con diciotto locali spaziosi.
Gaber: Io vivo in una casa piccola, praticamente un locale, però c’ho diciotto fratelli.
Marcorè: Il mio papà guadagna 31 miliardi al mese che diviso 31 che sono i giorni che ci sono in un mese, fa un miliardo al giorno.
Gaber: Il mio papà guadagna 10.000 lire al mese che diviso 31 che sono i giorni che ci sono in un mese fa 10.000 al giorno… il primo giorno, poi dopo basta.
Marcorè: Noi siamo ricchi ma democratici, quando giochiamo a tombola segniamo i numeri coi fagioli.
Gaber: Noi invece segniamo i fagioli coi numeri… per non perderli.
Marcorè: Il mio papà è così ricco che cambia ogni anno la macchina, la villa e il motoscafo.
Gaber: Il mio papà è così povero che non cambia nemmeno idea.
Marcorè: Il mio papà un giorno mi ha portato sulla collina e mi ha detto: "Guarda, tutto quello che vedi un giorno sarà tuo!".
Gaber: Anche il mio papà un giorno mi ha portato sulla collina e mi ha detto: "Guarda!". Basta.

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