giovedì 25 ottobre 2007

the pool


Su Repubblica, Bolzoni e D'Avanzo
suonano la campana (a morto) per il Pool Antimafia di Palermo.


Ci sarebbe una spaccatura interna tra alcuni PM più affini al modo di condurre le indagini e affrontare la Mafia dell'ex-Procuratore Gian Carlo Caselli (Antonio Ingroia, Roberto Scarpinato, Nico Gozzo, Gaetano Paci) e altri più vicini al suo successore Pietro Grasso (Giuseppe Pignatone, Maurizio De Lucia, Michele Prestipino).

Addirittura si parla di cannibalismo, di odio aperto tra gli uni e gli altri.

In sostanza da un lato ci sarebbero gli allievi della "scuola Caselli" che negli anni '90 portò ad arrestare quasi 9000 persone: ne portarono a processo circa un terzo, ma soprattutto arrivarono a lambire il "livello superiore" delle complicità tra mafiosi tout-court e politici, senza però riuscire ad ottenere condanne esemplari. La "Mafia dei colletti bianchi", molto più difficile da definire giuridicamente e dunque più sfuggente, sarebbe solo un "teorema" di alcuni magistrati visionari affini, secondo i loro detrattori, alle "toghe rosse" milanesi di quegli stessi anni.
La sentenza Andreotti (dichiarato contiguo alla Mafia fino al 1980, reato per il quale era scattata la prescrizione, e non "assolto", nda) avrebbe segnato l'inizio della fine, la prova secondo alcuni dell'inconsistenza delle prove raccolte sul livello superiore e quindi dell'intero metodo di lavoro della squadra.

Con l'arrivo di Grasso avrebbe preso piede un'altra scuola: la lotta è stata limitata a un livello più concreto, si è data (con ottimi risultati, senza dubbio) la caccia alla "Mafia che spara".
La cattura di Provenzano segnerebbe l'apice del successo di questa strategia.

E oggi, con il caso Cuffaro, saremmo di fronte alla prova del nove: Totò vasavasa, che forse non si arriverà a condannare in via definitiva come mafioso, sarebbe la prova vivente che tante "chiacchiere" sulla Mafia sarebbero senza fondamenta. Che la Mafia è stata sostanzialmente sconfitta militarmente e se esiste ancora, è limitata a ristretti ambiti territoriali: addirittura non ci sarebbe più neanche una Cupola, ma qualche vecchio pecoraro con la lupara qua e là.
Arrestato il "Capo dei capi" Provenzano, ultimo capostipite di quella mafia contadina rinchiusa in stalle a lume di candela e santine della Madonna, nessun Matteo Messina Denaro l'avrebbe sostituito dando alla "onorata società" un'organizzazione "federale" sul suolo siciliano e "globalizzata" in franchising con russi, cinesi, colombiani e via dicendo; gestendo con Internet, cellulari satellitari criptati, finanziamenti europei e propri uomini nei centri nevralgici del potere politico e finanziario del paese... quest'idea di una Mafia moderna come la società che le sta attorno, non ha prove da portare in tribunale per essere confermata. Dunque, si smentirebbe da sola.

Con l'anno nuovo, quelli della "scuola Caselli" stanno per essere sostituiti da altri, magari più in linea con Grasso. Si dice che questo avverrà per una "naturale" scadenza del loro mandato.
In realtà c'è una legge ben specifica varata da un governo ben specifico che stabilisce in un tot di anni la permanenza massima di certi magistrati in certe strutture.
C'è dietro un'idea di un perverso "turn-over" di giudici che farebbe ridere se non fosse tragico, che nasce da quel malinteso sui "professionisti dell'Antimafia" nato dalla penna, inacidita dall'età e dagli innamoramenti politici per certo pannellismo, di Leonardo Sciascia.

Una doverosa parentesi. Questa è una vicenda delicata, e il sottoscritto non ha né la verità in tasca, né soprattutto accetta il classico gioco all'italiana manicheo e da tifoseria calcistica "o da una parte o dall'altra": sono innumerevoli i meriti della gestione Grasso così come i limiti dell'azione della scuola Caselli... eppoi il personaggio Caselli non è che mi sia poi, umanamente, così simpatico: il metodo investigativo con cui affrontò la "emergenza terrorismo" nei suoi anni piemontesi mi lascia forti dubbi storici...

Detto questo, a Palermo va in scena la chiusura definitiva del sipario aperto, anzi, strappato negli anni che videro nascere l'idea stessa di un "pool" Antimafia. Del quale facevano parte Giovanni Falcone, che si era fatto le ossa come segugio delle piste bancarie fatte di conti cifrati nei paradisi fiscali, che andò a prelevare l'"amico americano" Buscetta per farsi raccontare la Cupola siciliana, eccetera; e Paolo Borsellino, che tra l'altro in una famosa ultima intervista toccò quel "livello superiore" che oggi sembra sia considerato una chimera, che era stato giovane fascista nel FUAN, e che diceva: "La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità." Eccetera, eccetera.

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