mercoledì 25 luglio 2007

Clem Clem!


Oggi, non per pigrizia, copincollo uno di quegli articoli di Travaglio che lo meritano dall'inizio alla fine
(fonte: L'unità)

Clementina, sia Clemente

Siccome in Italia, invece delle notizie, si preferisce commentare le fughe di notizie, e non è importante il fatto ma evitare che la gente lo conosca, proviamo a fare un po’ d’ordine nel casino organizzato del «caso intercettazioni». «Possibile - domanda Violante - che una Procura in grado di scoprire chi ha rapito Abu Omar non riesca a scoprire chi passa le intercettazioni ai giornali?». La risposta è semplice: le due ordinanze in cui il gip Clementina Forleo chiede al Parlamento il permesso di utilizzare (e dunque riporta) le intercettazioni tra i furbetti e sei parlamentari è stata depositata nella cancelleria del Tribunale venerdì alle 12.30. Da quel momento avvocati e indagati han potuto prenderne copia. Ed, essendo caduto il segreto, se qualche avvocato o indagato passa le carte ai giornali, non è affare dei magistrati e soprattutto non è reato né fuga di notizie.

Lo stesso giorno in cui i politici inscenavano il pianto greco, uscivano sui giornali le telefonate dei presunti terroristi arrestati a Perugia: perché nessuno ha protestato per la «fuga di notizie»? Perché le ordinanze erano pubbliche. Ecco: lo stesso vale quando c’è di mezzo qualche politico.

A questo punto, però, si lamentano i presidenti Marini e Bertinotti: «È grave che un’ordinanza destinata al Parlamento esca sui giornali prima di arrivare al Parlamento». In realtà, non è grave: è fisiologico, salvo che, depositata l’ordinanza, i giudici facciano pedinare gli avvocati per sincerarsi che non la passino ai giornalisti (peraltro senza commettere alcun reato). La terza obiezione è più seria. Non quella del ministro Mastella (la Forleo avrebbe addirittura «violato la Costituzione»: il che, detto da un Guardasigilli che pretende di sindacare l’atto di un giudice con lo strumento disciplinare dell’ispezione, fa dubitare che egli conosca la Costituzione). Ma quella mossa da giuristi insigni come Grosso e Grevi e da ex magistrati come D’Ambrosio e Casson: il gip non può «accusare» parlamentari non indagati rubando il mestiere alla Procura.

Grevi parla, sul Corriere, di «anomala forzatura» e «abnorme invasione di confini», perché «non è ammissibile che il gip prospetti ipotesi accusatorie, o anche soltanto apprezzamenti di colpevolezza, a carico di soggetti non sottoposti a indagine dal pm». In effetti, se fosse vero che la Procura non ha mai considerato l’ipotesi che qualche parlamentare a colloquio coi furbetti abbia commesso reati, si tratterebbe di un’invasione di campo da parte del gip. Ma nella richiesta inoltrata dalla Procura al Gip sulle telefonate da inviare al Parlamento, i pm han chiesto di poterle utilizzare a carico sia degli indagati (i furbetti) sia di «altre persone da identificare», cioè da indagare dopo l’eventuale autorizzazione.

Ed è evidente chi siano le «altre persone», visto che al telefono si è sempre in due: i politici non (ancora?) indagati. La Forleo potrà facilmente ribattere di aver semplicemente esplicitato il concetto espresso dai pm, illustrando - come la legge le impone - la rilevanza penale che a suo avviso hanno le posizioni dei soggetti coinvolti (sugli aggettivi usati, ciascuno può pensarla come crede). Così nessuno, al momento del voto in Parlamento, potrà dire di non aver saputo che, in caso di autorizzazione, le telefonate potrebbero essere usate contro qualche politico. La qual cosa spetterà comunque alla Procura.

Solo a fine indagine il gip, se riterrà che i pm abbiano dimenticato qualcuno, potrà ordinare l’«imputazione coatta». Che però il gip - preposto al controllo delle indagini - non possa «accusare» e debba tenersi sulle generali, è discutibile: basta leggere le ordinanze d’arresto, perquisizione, sequestro scritte dai gip per capire che i gip «accusano» eccome. Solo che non lo fanno in veste di «parte», ma di giudici «terzi», dunque le loro accuse sono più gravi.

È curioso che, dopo anni di polemiche sul presunto «appiattimento» dei gip sui pm, ora si rimproveri a un gip di non appiattirsi sui pm. Ancor più curioso che, dopo tante polemiche sullo scarso garantismo dei giudici, si voglia negare alle difese l’accesso agli atti per evitare che l’opinione pubblica sia tempestivamente informata. La prossima volta, se un gip vuole vivere sereno, sa quel che deve fare. Mai intercettare un Vip indagato, onde evitare il rischio che questi parli con politici. Se i reati risalgono a due anni prima, bruciare tutto perché «comunque è roba vecchia».

E se la Procura chiede di inoltrare certe intercettazioni al Parlamento, evitare di spiegare perché sono penalmente rilevanti o, meglio ancora, dire che son tutte fesserie e invitare le Camere a negare l’autorizzazione. In ogni caso, prima di prendere qualsiasi iniziativa, chiedere il permesso a Clemente Mastella, noto giureconsulto di scuola ceppalonica.

Marco Travaglio - L'Unità

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