lunedì 5 febbraio 2007

i forzati del commento del lunedì


Un poliziotto ucciso fuori da uno stadio, Silvio che chiede scusa, il Grande Centro, i morti sulle piste da sci, il Superbowl...
e se una volta, un lunedì mattina, non si trovasse sul giornale cosa pensare delle cose del mondo?
Se un lunedì uscisse il Corriere della Sera con una prima pagina tutta bianca? Silvio rimarrebbe lo stesso, Rutelli pure...

Sono stanco: non ho mai sopportato il culto del calcio e tutti i suoi invasati, i suoi sacerdoti...
perciò trovo normale un lunedì come questo,
con quel poliziotto di cui tutti ormai sappiamo nome e cognome,
che senza tanti sacerdoti, senza tanti commenti del lunedì,
oggi forse sarebbe lo stesso anonimo e malpagato poliziotto del giorno prima, ma vivo.
E di lui, e di tutti quegli italiani in divisa dello Stato o in divisa della propria squadra
che in ogni stadio studiano alla scuola della violenza organizzata a squadre,
continuerebbe a non fregarmene niente.
E invece sono qui anch'io, un lunedì mattina, stanco e triste per quest'altra morte inutile.

Anzi, no: è utile ai soliti sciacalli. Quelli veri, quelli con le armi e i giornali dalla parte del manico.
Quelli che il 20 luglio 2001 scrivevano "Oggi sarà il giorno del morto" (Renato Farina, "Libero")
e il 21 luglio titolavano "E' legittima difesa" ("Libero")...
quelli che urlano le sentenze ("sei stato tu, col tuo sasso") mentre tra i suoi ragazzi a un ragazzo
che non è ancora morto, che respira sangue, una pietra rompe la testa dopo che uno strano proiettile l'ha già trapassata...

Ed è utile soprattutto perché c'è uno, un utile idiota, che su un muro di Livorno scrive "2/2/07 Catania vendetta per Carlo Giuliani", o un'idiozia del genere, e che così facendo nutre lo sciacallo, rinnova il Sogno numero due:

Imputato ascolta,
noi ti abbiamo ascoltato.

Tu non sapevi di avere una coscienza al fosforo
piantata tra l'aorta e l'intenzione,
noi ti abbiamo osservato
dal primo battere del cuore
fino ai ritmi più brevi
dell'ultima emozione
quando uccidevi,
favorendo il potere
i soci vitalizi del potere
ammucchiati in discesa
a difesa
della loro celebrazione.

E se tu la credevi vendetta
il fosforo di guardia
segnalava la tua urgenza di potere
mentre ti emozionavi nel ruolo più eccitante della legge
quello che non protegge
la parte del boia.

Imputato,
il dito più lungo della tua mano
è il medio
quello della mia
è l'indice,
eppure anche tu hai giudicato.

Hai assolto e hai condannato
al di sopra di me,
ma al di sopra di me,
per quello che hai fatto,
per come lo hai rinnovato
il potere ti è grato.

Ascolta
una volta un giudice come me
giudicò chi gli aveva dettato la legge:
prima cambiarono il giudice
e subito dopo
la legge.

Oggi, un giudice come me,
lo chiede al potere se può giudicare.
Tu sei il potere.
Vuoi essere giudicato?
Vuoi essere assolto o condannato?


(Fabrizio De André, da "Storie di un impiegato", 1973)

Io voglio capire se oggi mi sono svegliato...

Nessun commento: